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Tutto Tutto Niente Niente - Recensione

12/12/2012 | Recensioni |
Tutto Tutto Niente Niente - Recensione

Tutto-tutto… Albanese. Dopo Qualunquemente, ancora con la regia di Giulio Manfredonia, il comico si moltiplica letteralmente, dando vita a tre “mostri” di indecenza e disonestà che si trovano ad abitare i Palazzi del potere. E un brivido inquietante di richiamo alla nostra attualità corre lungo la schiena.
Uno dei tre è il Cetto La Qualunque del film precedente che, dopo essersi fatto eleggere con mezzucci vergognosi, viene incarcerato insieme alla sua giunta per collusione con la mafia. Al nord est Rodolfo Favaretto è un razzista che traffica in clandestini che sottopone a lavori forzati sognando la secessione del nord e l’annessione all’Austria. Rodolfo, Olfo per gli amici, viene arrestato per aver gettato in mare un clandestino nero creduto morto. Si trova invece su un’isola lontana il pugliese Frengo Stoppato, un uomo dedito alle sostanze stupefacenti che predica la religione “dell’aldiquà”. Incastrato da una madre ingombrante che lo vuole “beato” ancora in vita, Frengo torna in Italia con il sogno di riformare la chiesa. Una volta a casa però, viene arrestato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Ma un sottosegretario un po’ “maneggione” fa rimettere in libertà i tre per assoldarli al servizio di un Presidente del Consiglio a cui servono voti in Parlamento. Cetto, Olfo e Frengo entrano così nei Palazzi del potere della capitale.  
Ecco tre schegge impazzite, come forse siamo ormai tutti noi “a una mezz’ora dall’esaurimento nervoso” ha sottolineato il comico Albanese. Ecco tre personaggi mostruosi che abitano un  mondo grottesco e deformato. Orribile, disonesto e terribilmente vicino alla realtà, con quei loschi figuri fatti uscire di prigione per garantire al governo i voti di fiducia. Le vicende raccontate in Tutto tutto niente niente hanno il sapore di una sarcastica anticipazione (ma il film, garantiscono gli autori, è stato scritto un anno e mezzo fa) di quello che sta accadendo e che probabilmente accadrà nella scena politica italiana dei prossimi mesi. Sulla base di queste inquietanti coincidenze, si muove (benissimo) Albanese coi suoi tre ritratti, tre campioni di illegalità e atti illeciti, ma lecitamente (!) scarcerati da un sottosegretario deus-ex-machina che tutto vede e tutto muove, cui presta il volto e l’eloquio forbito un Fabrizio Bentivoglio in stato di grazia pettinato e abbigliato come lo stilista Karl Lagerfeld. Si tratta di un politico disonesto e schiavo del sesso che va in crisi (politica e sessuale insieme), un nordista-razzista che confonde secedere-secernere-secessionare e che sogna di essere austriaco, un politico mistico e un tantino “fumato” che vuole riformare la chiesa. Albanese mostra di saper mescolare alla perfezione vecchio e nuovo dando ancora una volta prova delle sue immense doti di comicità “fisica”, passando dal Cetto, recente eroe di Qualunquemente, all’Olfo nordista parente stretto dell’industriale Ivo Perego de La fame e la sete, fino al vecchio Frengo-e-stop (qui semplicemente Stoppato) ora passato dalle tattiche zemaniane a quelle della politica.
Un’opera psichedelica, dove un trionfo di luoghi grotteschi e colori vividi domina a tutto campo, da quei Palazzi della politica ricostruiti nei geometrici edifici marmorei dell’Eur, fino alla casa pugliese della madre di Frengo, una specie di santuario coloratissimo e kitsch. Come ciliegina sulla torta, una sequenza onirica davvero riuscita (con le immagini in bianco e nero del Tuca-Tuca della Carrà che accompagnano l’incubo transessuale di Cetto).
Gli interpreti che affiancano Albanese sono tutti perfetti con una menzione speciale per le due new entry, il già citato Bentivoglio e Lunetta Savino nei panni della madre pugliese di Frengo.
Non si ride molto, se non in qualche raro caso e comunque lo si fa a denti stretti. Nel mondo grottesco e iper-reale di Albanese, la volgarità non fa ridere semplicemente perché riflette una desolante realtà. Anche se, come ha sottolineato il funambolico comico, ridere in momenti di crisi può aiutare. Dunque, una risata ci aiuterà anche davanti alle gesta di politici privi di qualsiasi senso del pudore? Senzadubbiamente.

Elena Bartoni

 

 


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